Italia-Uruguay: Il Calciatore dalla Triste Figura

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di Alessandro Garigliano

Ieri mi sentivo in una condizione eccellente per vedere Italia-Uruguay. Non mi sono mai perso, in realtà, un solo Mondiale di calcio. Smetto di leggere e di fare ricerche, sprofondo sul divano cercando di vedere quante più partite possibili. Non amo il calcio ma non lo odio, mi piacciono le passioni dispiegate ai massimi livelli. Non ho nessuna specializzazione e forse non godo nemmeno di qualità: vedere coreografie di ossessioni mi struttura. Mi appendo a qualità olimpiche parassitando vite monomaniache: l’idea fissa, penso sempre, avrebbe potuto salvarmi. Continua a leggere

Filippo II e don Chisciotte

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di Alessandro Garigliano

Due figure tanto diverse, asimmetriche, non si potrebbero immaginare. Una lunga e sbilenca; l’altra bassa, flemmatica, elegante. Non sto parlando di una coppia comica, ma di Filippo II e Alonso Quijano (o Quijada: anche il nome è errante). Vissuti entrambi nel corso del crepuscolo del Siglo de Oro: il primo di nobili natali, erede di un regno enorme, con grandi occhi azzurri che facevano impressione e il secondo invece con in sorte un blasone mediocre: era un hidalgo di provincia.

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Don Chisciotte, la Recherche, mia moglie e mia figlia

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di Alessandro Garigliano

L’Etna sbuffa terra nera. Il balcone si riempie di cenere lavica. Una grandine monotona di pietre cade fitta dal cielo. Rimango a guardare.

Don Chisciotte, invece, lascia che a guidarlo sia il suo cavallo, Ronzinante. Si avventura lungo la Spagna e non riesce a dare consistenza alle cose e nemmeno ai nomi; il presente è solo immaginazione. Non vuole avere nessun contatto con gli oggetti comuni, quando vede il bacile del barbiere, l’oggetto non esiste fino a quando non viene rinominato, ricreato, fino a quando non diventa l’elmo di Mambrino – l’elmo d’oro meraviglioso che costò così caro a Sacripante. Il bacile è intangibile, è la realtà: l’esistenza che si fa cenere. Sempre, con Cervantes, la realtà ha la stessa inutilità malinconica dei gesti quotidiani, immemorabili. L’invenzione, al contrario, si svolge nel racconto attraverso una struttura talmente solida da schiacciare e mortificare la logica delle cose concrete.

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Artéfici e artifici – Una riflessione sul Don Chisciotte

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di Alessandro Garigliano

Nella mappa delle avventure di don Chisciotte a fiutare le scelte, a decidere il percorso è a ogni bivio Ronzinante, il destriero. Durante la lettura e la rilettura del romanzo di Cervantes, questa è sempre stata per me un’opzione narrativa piena di senso, paradigmatica. L’hidalgo che vuole restaurare nel presente l’Età dell’oro, sfidando giganti a forma di mulini a vento, leoni liberati, e mandrie di pecore e montoni come fossero eserciti; il cavaliere che impone la propria illusione alla realtà con eroico sprezzo del ridicolo, quando si tratta di prendere una direzione e imbarcarsi in una nuova avventura, lascia che a decidere sia il suo cavallo: sfida la sorte con il caso. La prima interpretazione che mi è venuta in mente è stata di ammirazione, come se don Chisciotte fosse un condottiero refrattario alla paura, indifferente a qualsivoglia difficoltà che la strada, la vita, la realtà avrebbero potuto scagliargli addosso a seconda del varco selezionato. Indossando un’armatura desueta, rattoppata alla bisogna col cartone, impugnando armi spuntate e cavalcando un ronzino che, pur assurto a Ronzinante, rimane emaciato e privo di prestanza: l’eroe comunque va. L’eroe, ovunque vada, ha una volontà che fa a pezzi il destino.

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