Mia moglie e io

Rassegna Stampa

– Il romanzo innanzitutto è stato “Segnalato” al Premio Italo Calvino XXV

– Segnalazione di Antonio Moresco su Il primo amore (13/05/2014)

Mia moglie e io, a differenza degli altri due, lo avevo già ricevuto e lo avevo addirittura letto manoscritto diversi anni fa, per cui mi ha fatto piacere vederlo finalmente pubblicato. In lotta per la sopravvivenza in anni difficili e morti, il protagonista di questo malinconico e sofisticato romanzo, dopo vari mestieri precari, si inventa insieme alla moglie un singolare mestiere, quello di interpretare e mettere in scena dei cadaveri. Continua a leggere

– Estratto del romanzo su Affari Italiani (24/10/2013)

– I falsi e divertenti consigli per NON leggere “Mia moglie e io” su Tempoxme Libri

– Tra i 10 libri da regalare per Marie Claire

– Intervista sul romanzo andata in onda nel programma Flatlandia di Radio Onda d’Urto (26/01/2015)

Intervista sul romanzo andata in onda nel programma La colazione dei campioni di Radio Città del Capo (02/02/2014)

Intervista sul romanzo andata in onda nel programma La notte di Radio1 (26/10/2013)

Recensione: “Se la ricerca del lavoro si trasforma in pellegrinaggio linguistico” di Giorgio Vasta su RCult – supplemento culturale di la Repubblica (16/02/2014)

All’interno di Mia moglie e io, libro d’esordio di Alessandro Garigliano (LiberAria), una specifica locuzione fa da sintesi dell’intero romanzo. «Vivambulavo distante», constata la voce narrante enfatizzando almeno tre qualità costitutive di uno tra i testi letterari più belli di questi ultimi mesi, un libro col quale prendiamo congedo dal precariato come attualità sociale per leggerlo infine come condizione umana.

Prima di tutto l’immersione del narrato in un tempo verbale iterativo e durativo, l’imperfetto, dentro il quale tutto si astrae. Raccontando la propria vicenda baldanzosa e invereconda – in teoria la ricerca frustrata di un lavoro, in realtà una spericolata peregrinazione linguistica che non desidera approdo – il narratore si comporta come un ragno impazzito che tesse la sua tela solo per imprigionarsi: l’imperfetto è dunque la sostanza linguistica che fa di questo personaggio – al contempo epico e ignobile, magnifico e inconseguente – il detenuto e il suo carceriere. In secondo luogo, l’aggettivo distante descrive un divergere dalle cose che non è transitorio ma assoluto. Nel tempo dell’imperfetto, non solo il lavoro ma ogni esperienza che abbiamo considerato nodale si fa inaccessibile, come se un vetro opaco e durissimo separasse tutti i nostri desideri dalla loro meta (così trasformando il desiderio medesimo in trastullo, il tempo in passatempo).

In terzo luogo, nel compenetrare il vivere al deambulare vivambulavo (il conio è di Garigliano) trascende la crasi tra i due termini alludendo, con un’eleganza disperata, a quella forma di vita che sembra essere l’unica possibile. Si vivambula come l’Amleto di Carmelo Bene vivacchia; si vivambula come Lazzarillo e tutti gli altri picari del Siglo de Oro vagabondano: alla giornata, nella reiterazione ipnotica dei fatti, delle esperienze e dei racconti, nella trasformazione dell’andare in andirivieni. Si vivambula in un’avventura – quella del tempo reale, del tempo come conflitto e cambiamento – che nostro malgrado è già avvenuta.

Seguendo il protagonista di Mia moglie e io nella sua esistenza immobile e rocambolesca, eroica e cialtrona, tra una messinscena della morte modello CSI (in questo romanzo la morte è seduzione costante, contemplazione amorosa), il continuo pedinamento casalingo di una moglie pragmatica e loquace fino alla santità e un apprendistato interminabile (come libraio, come manovale, persino come impiegato di un’agenzia interinale) si sorride, si ride, poi ci si ferma sgomenti: perché sotto la corteccia del riso e del sorriso percepiamo la disperazione onnivora che si avverte quando, al cospetto del legno storto dell’umano, ci rendiamo conto che alla nostra inclinazione tragicomica non c’è modo di porre rimedio.

Recensione: “Mia moglie e io” di Chiara Beretta Mazzotta su Radio 105/BookBlister (22/11/2014)

Prendete una coppia (senza nome né cognome). Lui è un prigioniero del tempo libero, un disoccupato alle prese con una “depressione aggraziata” come la definisce, una rassegnazione impotente perché c’è la crisi mentre il lavoro manca e le soddisfazioni latitano. L’unica grottesca boccata d’aria? Un progetto curioso, nato una sera guardando CSI: interpretare cadaveri, morti di morte violenta. Sì, perché lui e la moglie trasformano la casa in un set, ricostruisco scene del crimine a partire dai corpi coinvolti e le riprendono. Nulla è lasciato al caso e questo hobby, chiamiamolo così, pare il frutto di una ossessione compulsiva. Continua a leggere

Recensione: “Il vampiro sociale assetato di cose da fare” di Annalisa Pistoia su Letteratu (14/08/2014)

Perché se è vero che il lavoro nobilita l’uomo, lo rende libero (come ironizzava una  funesta insegna), gli dà soprattutto dignità ed identità umana e sociale. E contro quella “esistenza dimessa” c’è ancora la possibilità di reagire, attraverso l’ironia, la fantasia, la poesia della figura della persona amata che, nel buio della depressione, appare agli occhi del protagonista come “uno spicchio di luna argentata”. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Milena Privitera su SoloLibri (23/06/2014)

Lui è un Don Chisciotte che come cavallo ha uno scooter vecchio, sempre da riparare, in giro per la città e lei è il suo Sancho Panza che lo sostiene sempre in tutte le sue avventure e disavventure. Continua a leggere

Recensione: “Garigliano e il suo uomo senza qualità” di Maria Grazia Rongo su La Gazzetta del Mezzogiorno (21/06/2014)

Perché — sembra dire l’autore — la società nella quale viviamo, inglobandoci nella sua precarietà, ci fa perdere la cognizione di noi stessi, ci costringe a inseguire le illusioni pur nella consapevolezza che rimarranno tali, ci isola fino a rendere grottesco qualsiasi tentativo di socializzazione — come l’autore descrive benissimo, ad esempio, nelle pagine che vedono il protagonista nelle vesti di apprendista commesso in una libreria — e a renderci capaci di concepire situazioni alienanti senza soluzione di continuità…

Recensione: “Mia moglie, marito e un noir d’appartamento” di E. Lombardo su la Repubblica Palermo (18/06/2014)

E’ tutto incentrato sul protagonista, sulla mente meravigliosa di un disoccupato colto, che come prima produzione partorisce una moglie, inchiodata nel possessivo “mia”. Il cortocircuito che fa deflagrare ragione e azione sta nell’essenza del protagonista senza nome, uomo colto, ricettacolo di microscopiche conoscenze che per natura ambiscono a trovare una finalità produttiva nel mondo. E non ci riescono…

Recensione: “La storia di un uomo qualunque che non si arrende” di C. Biolcati su Oubliettemagazine (22/09/2014)

Una storia ben scritta, che ha il sapore di una “danza” drammatica e, nonostante tutto, conserva una buona dose d’ironia che rende piacevole la lettura. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Silvia Ceriani su Salone del Lutto (04/06/2014)

E poi c’è l’altro tempo, il tempo indeterminato, quello in cui si collocano le grandi, definitive progettualità. Quel tempo, oltre che da Lui è occupato da Lei, una moglie fatta di meravigliose complicanze e di strane manie che non hanno spiegazione: perché Lei non chiude mai le porte, non spegne gli elettrodomestici, volatilizza il passato inscatolandolo, ponendogli sopra un’etichetta variopinta e nascondendolo per sempre. Lei non ammette distrazioni, ma non concede la possibilità di orientarsi facilmente tra i suoi pensieri. Il suo raccontarsi non ha linearità, manca spesso di conclusioni, ma deve essere seguito, e compreso. Continua a leggere

– Recensione: “Mia moglie e io” di Francesca Fiorletta su 404: file not found (30/05/2014)

Mia moglie e io, di Alessandro Garigliano, pubblicato nel 2013 da LiberAria Editrice, è un romanzo d’esordio, concepito con una tale assennatezza stilistica, una così profonda padronanza del lessico e un’architettura delle immagini talmente ben bilanciata da non sembrare quasi un’opera prima. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Gianluigi Bodi su Senzaudio (26/05/2014)

La lingua usata per scrivere questo libro non ha nulla a che vedere con quella che usa la gente comune nei giornali (spesso seviziandola) o per strada (e anche qui ci sarebbe da aprire un portone). La lingua qui è il tutto. E’ il personaggio principale affianco a moglie e marito. E’ il vostro primo contatto con il libro e come carta moschicida vi attirerà a sé. Continua a leggere

Recensione: “Il contagio degli ingenui” di Giancarlo Visitilli su Repubblica Bari (07/05/2014)

Nessun libro, saggio o romanzo, ha mai raccontato in modo così potente e reale la sconclusionata esistenza di un precario. Perché, insieme alla banalità del male, che si annida in un sistema-vita da cui è difficile licenziarsi, la forza di Garigliano sta nel porre sotto la lente del riflettore la banalità del lavoro, che ti accompagna come un invito a morte. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Azzurra Scattarella su Temperamente (07/05/2014)

Qualunque cosa scriva Garigliano la scrive bene, benissimo – come se fosse nata per essere scritta così, come se fosse una definizione da vocabolario; questa scrittura feconda e corroborante rappresenta l’appiglio cui aggrapparsi nel vuoto generale, un appiglio sicuro, deciso, che certamente farà splendere le miserie di questa giovane coppia precaria cui la vita esplosiva non si rassegna a essere risucchiata dal tran tran quotidiano. Continua a leggere

– Recensione: “Libri: scrittori in erba, ‘salti mortali’ contro il precariato” di Lorenzo Mazzoni su Il Fatto Quotidiano (05/03/2014)

Un esordio importante, che a tratti ricorda i testi di Emmanuel Pons, Mia moglie e iodi Alessandro Garigliano (LiberAria), mette in scena un protagonista che fa i salti mortali affinché la mancanza di lavoro, e dunque di realizzazione personale, non lo annienti del tutto. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Giovanna Iorio su Finzioni (18/02/2014)

“Mia moglie e io” di Alessandro Garigliano è un libro che contiene bellissime radiografie del pensiero. L’autore è, quindi, una sorta di scrittore-radiologo, un esperto che filtra la vita ai raggi X. Continua a leggere

Recensione: “Il romanzo della generazione dimenticata” di Monica Micheli su Gli Altri – la Sinistra quotidiana (03/02/2014)

Attraverso una prosa che a tratti diventa aulica, gonfiandosi quasi per rincorrere la marea di pensieri, percezioni, pulsioni e illusori movimenti del protagonista, Garigliano restituisce l’immagine di esistenze rotte, dove a sbriciolarsi non è solo il lavoro ma ogni frammento di vita, dove la linea del tempo spezzandosi divora i giorni e la battaglia più faticosa è quella condotta per riguadagnare lo spazio sottratto del presente. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Emmanuela Carbé su Doppiozero (21/01/2014)

Una rigida struttura (tempo determinato/tempo indeterminato), ossessiva, intermittente, tic tac scandisce la narrazione di Mia moglie e io (LiberAria 2013), il romanzo di esordio del catanese Alessandro Garigliano che non dovrebbe passare inosservato. Se l’uomo contemporaneo è fondato sul lavoro Mia moglie e io è la storia di un fallimento. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Afra Fanizzi su Barbadillo (21/01/2014)

Come in una tragedia greca, perciò, la messa in scena della morte diventa un modo per esorcizzare la morte interiore che alita sul collo del protagonista perché senza lavoro. Arrivando all’ultima pagina ne esce un ritratto sensibile ed inedito della crisi di una generazione di uomini e donne che restano come in un limbo perché disoccupati. Continua a leggere

Recensione: “Esistenze uroboriche” di Alfredo Nicotra su L’Indice dei Libri del Mese

L’autore sferra, senza cedimenti moralistici, una lingua teatralmente espressiva, una vera semantica armata che cerca ostinatamente di fare resistenza al vuoto che avanza. Dalla prima all’ultima pagina una prosa dal ritmo martellante, piacevole all’orecchio, sorregge il testo, con l’adombrato scopo di ricondurre la narrazione alla sua funzione orale e quindi di ricordare come alla generazione di oggi occorrerebbe, più che in passato, che qualcuno cantasse il suo “animo informe”. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Alessandra Allegretti su i-libri.com (20/12/2013)

Man mano che scorrono le pagine si entra sempre di più nei suoi pensieri stravaganti, tutto si ferma e non si può fare a meno di arrivare alla fine tutto d’un fiato. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Roberto Sturm su Satisfiction (11/12/2013)

Il tema del romanzo è attuale e già visto, ma Garigliano lo tratta con un’originalità e un mestiere che lasciano intravedere doti molto spiccate nonostante il suo sia un esordio: l’humor (nero) del romanzo è accompagnato da una notevole acutezza che rende il testo leggero e godibile anche da un punto di vista narrativo: non è semplice parlare di temi scottanti e forse scontati con la capacità di tenere desta l’attenzione del lettore e dargli la possibilità di scegliere a quale chiave di lettura attenersi. Continua a leggere

Recensione: “Mia moglie e io” di Giovanni Turi su PugliaLibre (27/11/2013)

Mia moglie e io (pp. 234, euro 15) è il brillante romanzo d’esordio di Alessandro Garigliano, il cui nome sarà senz’altro noto agli assidui lettori del lit-blog minima&moralia; a pubblicarlo è la barese LiberAria Editrice nella collana Meduse. Quella di Garigliano è una scrittura ricercata e a tratti onirica, che si avvita su se stessa con ironia creando gorghi che talvolta rilasciano senso e talvolta lo occultano; dopo lo straniamento iniziale, il lettore ne rimane irretito. Continua a leggere

 Recensione: “Mia moglie e io” di Alessandro Avataneo (7/11/2013)

Chi vorrà sapere tra cinquant’anni come si sentiva un’intera generazione di una certa zona occidentale del mondo, conosciuta come Italia, tornerà a leggere questo libro di Alessandro Garigliano, una radiografia della nostra anima che osa danzare con la morte sui passi dell’ironia e del grottesco. Una cronaca dei tempi in cui viviamo costruita non con lo stile dei best-seller, ma con mattoni letterari che esigono un mestiere consolidato, narrata all’imperfetto con frasi articolate e infarcite come la colorata pasticceria siciliana di aggettivi e gerundi, il tutto a formare una litania ipnotica e divertentissima che si può leggere ad alta voce perché è insieme invettiva, invocazione e sermone.

MIA MOGLIE E IO descrive le peripezie quotidiane di un marito e una moglie, rari esemplari di ciò che resta della classe media, ritratti nel loro minimalismo domestico che le meraviglie linguistiche di Garigliano elevano a una categoria estetica che risiede tra il felliniano e kafkiano, incorniciandosi nelle due scene d’apertura e di chiusura entro reminiscenze Kubrickiane (un Kubrick nato ovviamente in Sicilia).

Ben presto ci accorgiamo che il racconto della realtà trascende in romanzo epico e grazie all’immaginazione del protagonista-narratore varca i territori di un neorealismo magico, in cui l’eroe si muove – anzi ruzzola – come un titano impacciato, e questo eroismo imbarazzato ce lo rende subito caro.
Taciturno nella vita (sono riportate al massimo una decina di sue battute in tutto il libro) ma indomito pensatore dal cuore sensibile e premuroso, si trasforma in marito orgoglioso e geloso ogni volta che appare sua moglie, questa creatura misteriosa e fantastica di cui l’autore ci fa innamorare irrimediabilmente, perché incarna l’essenza dell’italianità mediterranea, con il suo fascino ancestrale e il suo pragmatismo loquace che riempiono l’aria e le giornate che lui trascorre sconsolato nella lettura e nella disoccupazione.

Con la sua presenza rumorosa, sempre operativa, e la sua vocazione di coraggiosa insegnante di scuola media, è lei il raggio di luce che squarcia il paesaggio grigio e sconfortante in cui il marito è immerso, una nebbia esistenziale in cui l’uomo soffrendo cerca di trovare una strada, costantemente avvilito dal senso di inadeguatezza. Ma nel microcosmo domestico lui la contempla innamorato mentre lei cucina, si cambia d’abito, si dedica alle piante, pulisce e disinfetta la casa o con entusiasmo lo asseconda nella sua danza con la morte, messa in scena attraverso bizzarri allestimenti cinematografici.
Lei anima la sua vita e lo sostiene nei momenti peggiori, sempre con delicatezza e con l’esempio pratico, spalancando porte e finestre, dimenticando luci o elettrodomestici accesi, creando spiragli e aperture – speranze? – spiandolo con la coda dell’occhio e inducendolo con la sua sola presenza, e con un’empatia commovente, a ritrovare l’energia necessaria per alzarsi dal divano e fare qualcosa che lo faccia sentire degno di lei.

Superfluo raccontare la trama perché trama non c’è, non ci sono colpi di scena o artifici letterari: ci sono cronache, resoconti, visioni e pensieri che il protagonista riferisce circa le attività che svolge a tempo indeterminato, in parallelo alle sue avventure a tempo determinato, redatte con la solennità di un ciclo cavalleresco.

Seguiamo il protagonista mentre sfreccia sul suo scooter nel degrado dell’urbanità contemporanea come un cavaliere su un campo di battaglia ostruito da troppi relitti di cemento e corruzione. L’eroe contrappone il suo sguardo surrealista e analitico al paesaggio “abusivo” che attraversa quotidianamente, e reagisce al degrado sociale dedicandosi con impegno enorme a qualsiasi mansione gli capiti di fare. Si dedica inoltre con compassione a comprendere le esistenze di chi attorno a lui si è abbandonato a vivere tra la rassegnazione e l’approssimazione, per rivolgere infine il suo sguardo implacabile verso sé stesso e rendicontare il proprio disfacimento interiore, senza risparmiarci i dettagli più intimi.

Ma MIA MOGLIE E IO va oltre la moda contemporanea del “narrare la crisi”, perché contiene messaggi universali, e indica una ricetta per la salvezza a chi si dispera perché non riesce a trovare un posto nel mondo. Il protagonista è un uomo nel pieno delle sue risorse fisiche e intellettuali, e affronta un dramma molto comune: l’angoscia di non avere un’identità sociale consona ai propri studi e capacità. In una lotta quotidiana contro la depressione incombente cerca di resistere, e accetta con umiltà i lavori più diversi, dal manovale al commesso all’impiegato statale, e in questa odissea di collocamento restituisce dignità al lavoro, a qualsiasi lavoro.

I due eroi del romanzo non hanno nome e vivono in una città senza nome, probabilmente nell’Italia meridionale, ma potrebbe essere una qualsiasi città di questa Europa in declino irreversibile. Questa è una delle tante scelte indovinate del romanzo, perché quei due eroi siamo noi. L’unica salvezza possibile contro la catastrofe umana risiede nell’impegno quotidiano nello svolgere i propri compiti, qualsiasi essi siano, anche quelli minimi, e amare con gratitudine infinita chi ci ama e ci salva continuamente. Tutto il resto è vanità, come direbbe Qoelet.
Questa rivoluzione può motivare chiunque a compiere imprese luminose anche in un mondo che precipita verso la rovina.

Mentre una piccola parte della società prosegue nello scandaloso banchetto continuando a saccheggiare il paese, tra la massa di sconfitti senza speranze uno scrittore che ha imparato a dialogare con la morte ci indica una via per resistere, con questo libro magnifico che ci accompagnerà a lungo.

Ps: e chi si è accorto dell’esistenza di un tale scrittore, scommettendo su di lui con una pubblicazione di pregio? Non i grandi editori che inseguono le mode e creano casi editoriali sul nulla, ma un piccolo, anzi una piccola editrice pugliese di recente fondazione. Anche questo è un segno incoraggiante.

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